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Aemilia 220 – la mafia sulle rive del Po raccontata in una docufiction su Rai 2

La docufiction “Aemilia 220 – La mafia sulle rive del Po” esplora l’infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna, rivelando un maxi-processo che ha scosso profondamente la regione tra il 2000 e il 2015.

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La docufiction "Aemilia 220 – La mafia sulle rive del Po" racconta il radicamento della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna attraverso fiction e testimonianze reali, ripercorrendo il maxi-processo Aemilia che ha svelato l'infiltrazione mafiosa in una regione tradizionalmente considerata immune. - Unita.tv

La mafia ha costruito radici profonde anche nel Nord Italia, in particolare in Emilia-Romagna. La docufiction “Aemilia 220 – La mafia sulle rive del Po“, in onda venerdì 23 maggio 2025 su Rai 2, rivela i dettagli di questo fenomeno poco conosciuto. Il progetto, che alterna fiction a testimonianze reali, si concentra sul maxi-processo nato dagli arresti nella regione emiliana, coinvolgendo personaggi chiave della ‘ndrangheta e mostrando un quadro di criminalità che ha sconvolto un territorio tranquillo. Diretta da Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami, la docufiction approfondisce una serie di eventi che vanno dal 2000 al 2010 e si conclude con uno dei tribunali più importanti per la lotta alle mafie in Italia.

Il contesto dietro aemilia 220 e i protagonisti dietro la regia

Aemilia 220” prende vita da un lavoro intenso di ricerca e ricostruzione firmato da Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami. Canepari ha una carriera dedicata ai temi di criminalità e grandi figure italiane, con documentari come “Scacco al re – La cattura di Bernardo Provenzano” e “Andrea Camilleri – Il maestro senza regole“. I due registi avevano già collaborato per “I mille giorni di Mafia Capitale“, un lavoro che li ha portati a rileggere con attenzione dettagli di vicende mafiose lontane dalle scene tradizionali. Il numero 220 nel titolo si riferisce agli arresti effettuati in Emilia-Romagna, un dato che evidenzia la portata dell’azione giudiziaria contro la ‘ndrangheta in una regione non tradizionalmente associata a queste criminalità.

La scelta di unire fiction e testimonianze reali rende il racconto più coinvolgente, trasformando il documentario in un thriller fatto di ricostruzioni accurate dal punto di vista storico e giudiziario. Questo tipo di racconto mette in luce le storie umane e politiche dietro al fenomeno, evitando però di cadere nella spettacolarizzazione superficiale.

Trama e incarnazioni dei personaggi chiave nella docufiction

Nel cast, alcuni attori interpreti principali impersonano personaggi reali legati a questa vicenda di mafia. Fabio Melchionna, Savino Paparella e Cosimo Ribezzi svolgono i ruoli dei boss Villirillo, Gualtieri e Grande Aracri. Questi ultimi rappresentano figure criminali di spicco nel controllo delle attività illecite in Emilia-Romagna. Al centro del rapporto tra mafia e finanza c’è invece Roberta Tattini, interpretata da Jessica Giuliani, una bancaria che ha operato come braccio economico delle cosche nella regione.

Le voci narranti di Paolo Bonacini e Giovanni Tizian accompagnano per tutto il racconto, offrendo commenti e spiegazioni che legano le scene di fiction alle prove emerse nel processo. Tizian, già noto per i suoi lavori di inchiesta su mafie e corruzione, aggiunge un dettaglio di concretezza che mantiene il discorso legato ai fatti. Questo equilibrio contribuisce a far emergere la complessità di una mafia più “moderna”, legata agli affari, alle istituzioni e a un tessuto sociale che ha subito profondi cambiamenti negli ultimi decenni.

Dalla cronaca alla fiction: la storia dietro il processo aemilia

La vicenda inizia nel comune di Brescello, città resa celebre dal personaggio di Don Camillo, luogo inaspettato per eventi così gravi che hanno aperto un capitolo oscuro nella storia locale. Atti violenti si susseguono a partire dall’omicidio di un pregiudicato, ucciso da quattro uomini mascherati da carabinieri. Quegli avvenimenti segnano l’inizio di una serie di attentati e incendi che colpiscono tutta la regione, compresa una grave esplosione all’Agenzia delle Entrate di Sassuolo.

Per anni l’Emilia-Romagna aveva evitato apparati mafiosi di questo tipo. La scoperta di una rete stabile e attiva rappresentò una sorpresa per le autorità locali e nazionali. Le indagini partirono nel 2010 e nel 2015 sfociarono nel maxi-processo chiamato Aemilia, in cui furono coinvolti oltre 200 imputati e si rese necessario costruire un’aula bunker per gestire l’immensa mole di persone e prove. Il processo mise in luce come la mafia si fosse infiltrata in settori economici chiave, influenzando imprenditori e politici locali.

Un nuovo volto della mafia tra affari, politica e società

Questo processo ha dimostrato come la mafia non si limiti più a gesti violenti evidenti, ma operi attraverso strategie più sottili. Gli arresti e le prove giudiziarie hanno smascherato un sistema che usa la finanza, la politica e le relazioni istituzionali per radicarsi nel territorio. La rappresentazione nel filmato evidenzia come la criminalità organizzata abbia investito in attività lecite di diversi ambiti, rendendo difficile la distinzione tra affari legali e illegali.

Il procuratore antimafia che ha seguito il caso ha definito questo processo “storico e senza precedenti“, proprio per l’ampiezza degli effetti sociali e giudiziari. Il modo in cui la mafia si è inserita anche in regioni lontane dai centri tradizionali del crimine organizzato segnala una trasformazione nel metodo criminale. La docufiction mette in scena questa evoluzione usando documenti, intercettazioni e momenti drammatizzati che aiutano lo spettatore a capire la gravità e la complessità della situazione.

Il lavoro dei registi, supportato da testimonianze dirette e da ricostruzioni fedeli, offre uno spaccato ampio e preciso su questo episodio di cronaca italiana che ancora oggi segna un punto di riferimento nella lotta contro le mafie. L’attenzione all’aspetto umano accanto a quello giudiziario rende questa docufiction uno strumento utile per conoscere un pezzo importante di storia recente.