Accuse di violenza sessuale all’ex assistente di Karim Khan scuotono la corte penale internazionale

Accuse di violenza sessuale contro Karim Khan, procuratore capo della Corte penale internazionale, sollevano tensioni e polemiche in un contesto già delicato per le indagini sul governo israeliano.
Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, è accusato di violenza sessuale da un’ex assistente, in un momento di forte tensione legata alle indagini contro il premier israeliano Netanyahu. Khan nega le accuse, mentre la vicenda mette a rischio la credibilità della Corte. - Unita.tv

Le recenti rivelazioni sulla presunta violenza sessuale da parte del procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, hanno sollevato un nuovo clima di tensione attorno all’istituzione, già sotto pressione per le sue indagini contro il governo israeliano. Queste accuse, rese pubbliche solo pochi giorni fa, portano allo scoperto un caso che da mesi circola negli ambienti interni della Corte e rischia di compromettere l’immagine di un organismo internazionale fondamentale nella giustizia globale.

Il contesto delle accuse e la figura di karim khan

Karim Khan, 55enne britannico alla guida della Corte penale internazionale , si trova al centro di gravi contestazioni mosse da un’ex assistente che lavorava al suo fianco in diverse missioni diplomatiche. Le accuse riguardano episodi di violenza sessuale che, secondo la donna, sarebbero avvenuti in più occasioni, a partire da dicembre 2023. Le presunte vittime denunciano una condotta ripetuta e violenta che avrebbe avuto luogo sia negli spostamenti ufficiali, sia nella residenza privata della famiglia di Khan all’Aia.

La personalità di Karim Khan è già controversa: infatti, la sua decisione di perseguire legalmente il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha creato divisioni nel campo occidentale e tra gli alleati di Israele. Questa situazione rende il caso ancora più delicato e complesso da gestire all’interno della comunità internazionale che segue i procedimenti della corte.

I dettagli delle presunte violenze e le sedi degli episodi

Secondo il racconto dell’ex assistente, il primo episodio di abuso risale a dicembre 2023, in un albergo dove Khan avrebbe costretto la donna ad avere un rapporto sessuale, dopo aver tentato di farle desistere dal sostenere l’indagine contro Netanyahu. Gli eventi si sarebbero poi ripetuti più volte in diverse città visitate per motivi diplomatici, tra cui New York, Colombia, Congo, Ciad e Parigi.

Una parte significativa delle violenze, sempre secondo la vittima, avrebbe avuto luogo anche nella residenza privata della famiglia Khan all’Aia, luogo che avrebbe dovuto rappresentare sicurezza e tranquillità ma si è trasformato in un ambiente di sopraffazione e violenza.

La testimonianza dell’ex assistente indica un comportamento predatorio e coercitivo, con contatti fisici non voluti e insistenze fino alla consumazione dell’atto sessuale. L’intera vicenda è stata riportata in modo dettagliato dal Wall Street Journal, che ha dato spazio a chi ha deciso di denunciare senza però divulgare ulteriori dati sull’identità, per motivi di privacy e sicurezza.

Le pressioni dopo la denuncia e lo scenario all’interno della corte

Dopo aver portato alle autorità interne della CPI la denuncia, la presunta vittima racconta di aver subito pressioni da parte di Khan per ritirare le accuse. Questi tentativi avrebbero avuto un peso psicologico importante, tanto da coinvolgere anche argomenti legati al mandato della corte nei confronti dei mandati di arresto palestinesi. La vittima ha raccontato di aver ricevuto telefonate in cui Khan le avrebbe chiesto direttamente di pensare alle conseguenze delle sue rivelazioni sul lavoro e sulla causa palestinese.

Il clima che si respira dentro gli uffici della corte all’Aia è stato segnato da tensioni crescenti da mesi, in vista della prevista azione legale contro Netanyahu. Le accuse, già note a livello interno, sono esplose nel dibattito pubblico proprio in concomitanza con l’annuncio della causa contro il leader israeliano. Questo fattore ha alimentato polemiche sulla tempistica e le motivazioni delle rivelazioni.

La risposta di karim khan e le controversie sull’annuncio dell’azione legale

Karim Khan ha smentito con forza ogni accusa, definendo la vicenda una manovra per screditarlo e minarne la reputazione. I suoi legali hanno sottolineato che la decisione di procedere contro Netanyahu era stata comunicata agli Stati Uniti già a marzo 2025, quindi molto prima della diffusione delle accuse da parte dell’ex assistente.

In più, la difesa ha bollato la denuncia come una strategia orchestrata da chi vuole vendicarsi per gli arresti e mandati che la corte sta emettendo contro alcune personalità, incluso il premier israeliano. Le tensioni fra la corte e alcuni governi vicini a Israele contribuiscono a un clima in cui ogni mosse dell’istituzione viene interpretata sotto una lente di sospetto e ostilità.

La vicenda rimane aperta, con indagini in corso e molti interrogativi sul futuro del procuratore capo e sul ruolo della Corte penale internazionale in uno scenario geopolitico sempre più complesso. La credibilità della corte e la trasparenza nel gestire queste accuse saranno al centro dell’attenzione a breve.